Questa pubblicazione conclude un percorso lungo tre
mesi che ha trasferito su Vicenza l’attenzione e la curiosità
di 30 giovani architetti, provenienti da tutta Italia ed oltre,
di cinque docenti di fama internazionale e di 3 tutor che
hanno fatto da cerniera tra di essi.
Il volume qui presente non ci consegna alcun progetto
definitorio di ciò che Vicenza dovrebbe essere, poiché
le premesse e i criteri con cui PRE-visioni è stato
organizzato, accompagnato e successivamente sviluppato
dai partecipanti, contenevano già gli anticorpi contro ogni
solito discorso di pianificazione.
La genesi del workshop d’altra parte segna
significativamente uno scarto e una novità rispetto
alle pratiche più frequenti, e denota un valore politico
straordinario: l’idea che una pubblica amministrazione
possa decidere di affidare il tema della ridefinizione dei
nessi urbani di Vicenza, limitandosi a indicare dei dettami
di ordine generico, ad alcune delle menti più importanti
dell’architettura contemporanea e ad un gruppo di
giovani architetti, coadiuvati da 3 tutor, sostituendo con
questo gesto la tipica attività programmatica di una
amministrazione comunale con una attività di pura ricerca.
Con la libertà del laboratorio multidisciplinare e di un
esperimento che non è vincolato a nessun contratto
coercitivo, PRE-Visioni ha messo a disposizione della
città intelligenze e creatività che hanno prodotto una mole
enorme di materiali, di suggestioni, di analisi, di studi sulla
città.
Il workshop PRE-visioni ha prodotto un’attività complessa
e vorticosa che non si vuole sostituire alla politica nel
dare risposte ai problemi, ma che diventa un supporto
necessario alla politica nell’individuare, attraverso
l’inoculazione più di dubbi che di certezze, il linguaggio più
adatto a porsi, oggi, le domande giuste.
Lo spirito sperimentale non è animato dalla ricerca di
risposte certe e definitive, ma dalla necessità di trovare
le tarature per adattare lo sguardo al movimento dei
fenomeni, cercando di intuirne la mutazione.
Il ragionamento da cui si è partiti è molto semplice: la
programmazione è sempre più inadeguata per il fatto di
non essere in grado di corrispondere alle meccaniche del
sistema sociale contemporaneo.
Vivendo in un crossing di volontà politiche locali/
nazionali/internazionali (ammesso che si parlare ancora di
qualcosa come volontà), le scelte per il futuro subiscono
le accelerazioni e le svolte repentine di mutazioni globali
imprevedibili.
Questa nuova situazione epocale indebolisce lo strumento
tradizionale della pianificazione territoriale e porta a
riformulare il concetto di progetto urbano tenendo conto
dell’irregolarità delle superfici temporali.
In effetti, i vecchi metodi progettuali si basavano su
una visione costante e progressiva della società e dei
suoi cambiamenti: ma oggi – soprattutto nel caso di
un’amministrazione pubblica illuminata, consapevole
di avere un mandato a termine e di non potere avere la
pretesa di saturare lo spazio per le generazioni futurebisogna
fare i conti con una temporalità che non accetta
di essere risolta in un blocco omogeneo e dato una volta
per tutte.
De-programmare il progetto urbano significherà perciò
riconoscere i limiti di una lingua progettuale divenuta
inadatta alla realtà e lanciarsi, senza troppa nostalgia per
il passato ma con la curiosità del ricercatore sperimentale,
verso un progetto di città immaginato per sovrapposizione
di serie temporali discontinue: l’hic et nunc, il tempo di
domani, il tempo della prossima generazione, il tempo del
prossimo secolo.
PRE-visioni, dunque, in questi tre mesi di attività, si è
cimentata con la città inserendola nel quadro di una
evoluzione radicale e globale delle prassi e dei pensieri.
Dotandosi di un lemmario-canovaccio in cui la
terminologia urbana viene smontata e rimontata alla
radice e secondo le leggi dell’aporia e dell’esperimento,
l’approccio del workshop ha saputo essere diverso,
probabilmente unico, per la capacità di liberarsi dai lacci e
dai lacciuoli delle idées reçues.
Certo, ciò è stato reso possibile da due fattori: la
provenienza eterogenea dei partecipanti, che non essendo
per lo più legati al territorio vicentino hanno potuto e
saputo apportare ed aggiungere visioni e immaginari
diversi rispetto a quelli autoctoni. Ma anche, la grande
disponibilità dell’amministrazione a mettersi in gioco in
prima persona con la scelta, appunto, di sottrarsi dal
gioco, lasciando campo libero alla sperimentazione e
all’apporto di visioni laterali.
Il workshop si è esercitato su tre macroaree o sistemi
urbani individuati sul territorio vicentino:
1/ SPINAOVEST.
Un’area semicentrale che congiunge
idealmente il limite della cinta storica dei Giardini Salvi al
paesaggio verde dell’aeroporto Dal Molin, passando per
la stazione ferroviaria e per un complesso tessuto misto
di superfici ex-industriali abbandonate, di zone ad alta
densità residenziale e di aree commerciali.
L’interesse di questo brano di città sta soprattutto nella
difformità della maglia di cui è composto, in cui la densità
si alterna a “vuoti” storici, che attendono di essere
riattivati, di diventare luoghi di ri-significati dal punto di
vista dell’interesse e della funzionalità urbana.
Il sette gruppi della spinaovest hanno “annusato”
perfettamente questa atmosfera trasversale e sin
dalle prime valutazioni sono state espresse idee
sorprendentemente poco convenzionali
e prive di preconcetti storicosociologistici.
La creatività degli approcci ha
prodotto inizialmente concetti
enunciati attraverso tutti i media
possibili, dalla canzone d’autore alla
sceneggiatura per documentario,
dalle mappe psicogeografiche al
meccano delle attività culturali.
Attraverso l’esperienza di
fiedlwork, il dibattito fra i
partecipanti ed il ragionamento
condiviso con tutor e docenti,
questa enorme espressività
creativa ha sviluppato nelle
diverse fasi del workshop
pensieri sempre più concreti fino ad arrivare ad un
catalogo di suggestioni costituito dalla sommatoria delle
visioni laterali iniziali e delle percezioni personali del
contesto.
2/ ZONA INDUSTRIALE OVEST.
La zona industriale
ovest è un’area che deve fare i conti con il profondo
mutamento delle sue funzioni e con il passaggio da una
produttività di tipo “industrialista” ad una produzione di
oggetti immateriali: concetti, ricerca e innovazione.
Se l’industria sta cambiando radicalmente, vengono a
cadere le necessità tipiche del paesaggio industriale
veneto del boom economico. Occorre perciò poter
immaginare un altro tipo di paesaggio, più corrispondente
alle urgenze dell’economia immateriale contemporanea.
I gruppi di lavoro che ha affrontato il tema della zona
industriale ovest ha spostato progressivamente la
prospettiva: in una prima fase ci si è concentrati
sull’interpretazione del paesaggio industriale come
saturato, evidenziando unicamente gli aspetti minimi
dell’area come la segnaletica, l’arredo urbano, gli spazi
interstiziali. Successivamente, alla luce di un confronto
serrato e proficuo, si è arrivati alla consapevolezza che
si potesse immaginare un’opzione forte e più radicale
per l’are industriale. I ragionamenti si sono spostai da
interventi mini a pensieri sulla possibilità di riconsegnare
l’area ad un recupero peasaggistico e funzionale
completamente diverso e radicalmente innovativo sia in
termini urbanistici che per quanto riguarda la limitazione
dell’impronta ecologica.
3/ CENTRO STORICO.
Il
centro storico di Vicenza, con la
presenza di alcuni dei monumenti
più importanti della città, è
bloccato da aspetti vincolistici e
di tutela del patrimonio che nella
loro assoluta giustezza hanno
sviluppato fino ad oggi, verso chi
progetta la città, un timore reverenziale
immotivato. Questa condizione ha
reso il centro storico una vetrina che
ha perduto per strada tutti i caratteri
dell’identità, della funzionalità e delle
vitalità sociale. Fondamentale appare
quindi la necessità di strappare il
centro storico alla monofunzione
legata alla monumentalità e
reintrodurlo nei circuito vitale
della contemporaneità, renderlo
capace ancora di produrre
senso. In questo ripensamento
necessario del centro storico
di Vicenza appare in maniera
molto chiara il ruolo di vettore
che potrebbe giocare la neorestaurata
basilica palladiana.
I partecipanti del workshop per
la parte del centro storico sono stati capaci di fare epoche
della paralisi progettuale che colpisce chi si cimenta
con il peso monumentale del centro storico grazie alla
consapevolezza del fatto che ciò che gli si veniva richiesto
erano idee, concetti e (pre-visioni), ma non architetture
definite. La possibilità di lasciare da parte paramenti,
basamenti e fondamenta ha liberato la mente per un
pensiero senza ostacolo di pregiudizi.
Il depotenziamento del timore per la tradizione è stato
aiutato dalla presenza di non-vicentini che hanno
apportato, soprattutto in questa sezione del workshop, la
freschezza di uno sguardo differente.
Nella fase più concreta questa libertà si è esercitata
soprattutto nelle zone più libere del centro storico, in
piazza Matteotti e a S. Biagio, laddove la monumentalità è
stata abbandonata all’indeterminazione urbana, liberando,
per i ragazzi del workshop, punti potenziali di grande
interesse progettuale.
In questa sequenza di scarti da una stasi ad uno sviluppo
e da una fase all’altra e da un’ottica all’altra abbiamo letto
il lavoro subliminale del workshop come strumento di
comprensione e di invenzione del territorio.
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La grande carica energetica apportata dai giovani architetti
che hanno partecipato a PRE-Visioni, raffinata nel lavoro
di incontro, scontro e contaminazione con i Tutor e con i
“saggi” invitati al workshop, ha generato una situazione
di grande e umana partecipazione, assolutamente libera
dalle diplomazie e dai rituali istituzionali.
Questo volume vuole essere un documento di ciò che è
stato e delle visioni che ha prodotto PRE-Visioni, ma sarà
inevitabilmente un supporto manchevole, poiché non potrà
rendere conto della grande varietà di approcci emozionali,
tecnici e dialettici con cui i partecipanti si sono espressi nel
costruire le loro metafore urbane.
Difficilmente si potrà rendere conto sulla pagina
scritta delle discussioni dei blog (uno per ogni area),
delle produzioni multimediali e soprattutto dell’idea di
esperimento partecipato e collettivo che PRE-visioni è
stato per tutti coloro che lo hanno vissuto e creato. |